Se ne discute da mesi: a partire dal marzo 2023, il Parlamento europeo ha dato il via libera ad una riforma che potrebbe trasformare profondamente il settore immobiliare. Questo cambiamento potrebbe portare molte famiglie a fronteggiare nuove spese.
Questo progetto, di ampio respiro, non mira a “svuotare” le tasche degli italiani ma ad affrontare un problema molto più vasto e cruciale: la transizione energetica per combattere il riscaldamento globale. I suoi effetti devastanti sono sempre più evidenti, dai periodi prolungati di siccità allo scioglimento dei ghiacciai, dalle distruttive alluvioni lampo agli uragani e cicloni tropicali.
La “direttiva case green” dell’Unione Europea
Il cuore del dibattito riguarda la “direttiva case green”. Con essa, l’Unione Europea vuole raggiungere emissioni zero entro il 2050. Questo sarà possibile attraverso una ristrutturazione massiccia del parco immobiliare europeo, mirando a migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni, soprattutto quelle attualmente più energivore.
Serie di spese in vista per i proprietari di immobili
Se il 2050 può sembrare lontano, un obiettivo intermedio è già stato fissato per il 2030: ridurre le sostanze nocive del 55% rispetto ai livelli del 1990. Questa iniziativa, conosciuta come Direttiva Europea sulle Prestazioni Energetiche degli Edifici (EPBD – Energy performance of buildings directive), è attualmente in fase avanzata di elaborazione. Essa potrebbe subire modifiche durante le fasi di negoziazione.
Il primo incontro relativo a questo provvedimento, inserito nel pacchetto di riforme Fit for 55, si è svolto il 6 giugno a Bruxelles. Hanno partecipato rappresentanti del Consiglio Ue e del Parlamento Ue, con la mediazione della Commissione Europea. L’obiettivo era giungere ad un testo condiviso, ponendo le basi per le fasi successive del programma dedicato alla decarbonizzazione del settore edilizio.
La priorità è intervenire rapidamente sugli edifici più energivori, che rappresentano il 15% del totale. Questi sono principalmente quelli appartenenti alla classe energetica G. Solo in Italia, ci sono oltre 1,8 milioni di tali edifici, su un totale di 12 milioni di edifici residenziali.
Il percorso per l’approvazione della Direttiva Green
Durante il primo incontro, l’attenzione si è concentrata principalmente su due articoli chiave:
- L’articolo 9, che stabilisce l’obiettivo di raggiungere, entro il 2030, la classe E e, entro il 2033, la classe D per tutti gli immobili residenziali.
- L’articolo 16, che propone una revisione del sistema di classificazione energetica dei paesi UE, ponendo la classe E per il 15% degli edifici più consumatori di energia.
Il dibattito si è poi esteso agli articoli 20, 21, 22, 23 e 24, che delineano le procedure per le ispezioni periodiche degli impianti di ventilazione, condizionamento e riscaldamento, i rapporti di ispezione, gli esperti indipendenti designati per tali controlli, e i protocolli di certificazione per i professionisti edilizi. È fondamentale ricordare che, al momento, le case sono classificate attraverso lettere, basate sulla loro efficienza energetica. Per gli interventi mirati a migliorare tale efficienza, è necessario fornire un ‘Attestato di Prestazione Energetica‘ o APE, obbligatorio dal 1 luglio 2009 per le compravendite e dal 2010 anche per le locazioni.
Il 31 agosto ha visto un ulteriore incontro, e il terzo Trilogo è fissato per il 6 ottobre. Quest’ultimo rappresenterà, con molta probabilità, l’ultimo round di discussioni, durante il quale si cercherà di raggiungere un accordo su questioni particolarmente delicate. Se la direttiva EPBD venisse successivamente approvata, non diventerebbe immediatamente operativa. La sua effettiva applicazione avverrà solo dopo l’adozione da parte di tutti gli Stati membri, presumibilmente nel 2025.
Cosa prevede la Direttiva Green: quali interventi effettuare
Con una riforma di questa portata alle porte, è fondamentale comprendere le disposizioni previste dalla direttiva. Quest’ultima introduce un insieme di regole progettate per incentivare sia la ristrutturazione green degli edifici esistenti sia la costruzione di nuovi edifici con un’alta efficienza energetica, mirando a emissioni nocive nulle o quasi nulle nei 27 stati membri. Si stima che gli edifici siano responsabili del 40% del consumo energetico totale e del 36% delle emissioni inquinanti. Il risultato previsto è una riduzione dei costi energetici, con un parallelo declino nell’uso di combustibili fossili, mirando alla neutralità climatica entro il 2050.
La classe E e D saranno obiettivi per gli edifici residenziali entro il 2030 e il 2033 rispettivamente. Gli edifici non residenziali e pubblici avranno obiettivi analoghi da raggiungere entro il 2027 e il 2030. A partire dal 2028, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno avere emissioni zero. Il traguardo del 2023 mira a una riduzione del 25% dei consumi energetici, attraverso interventi come isolamento termico esterno, installazione di caldaie a condensazione, pannelli solari e sostituzione degli infissi.
Conforme alla EPBD, gli Stati membri devono elaborare Piani nazionali per l’efficienza energetica degli edifici. La priorità sarà data al 15% degli edifici più energivori, che saranno inseriti nella classe energetica G, avviando una riclassificazione energetica complessiva a partire dagli edifici meno efficienti.
Gli immobili esclusi e i possibili incentivi fiscali
Mentre la Direttiva Europea pone particolare attenzione all’efficienza energetica degli edifici, alcuni immobili sono designati come possibili esclusioni. Questi includono:
- Monumenti, edifici di notevole rilevanza storica e architettonica.
- Edifici per utilizzo temporaneo.
- Chiese e altri luoghi di culto.
- Abitazioni unifamiliari con una superficie inferiore ai 50 mq.
- Seconde case utilizzate meno di quattro mesi all’anno.
Per garantire che tale direttiva sia attuata efficacemente, è fondamentale che i governi, compresa l’Italia, intraprendano azioni per promuovere incentivi fiscali. Ciò potrebbe richiedere la riforma del sistema di detrazioni fiscali attualmente in vigore. Al momento, sembra improbabile che si introducano provvedimenti di ampio respiro come il Superbonus 110%. Pertanto, per molti proprietari di immobili, ci potrebbero essere spese significative da affrontare, che potrebbero variare tra i 30 e 50mila euro. Tuttavia, una porzione di queste spese potrebbe essere recuperata attraverso detrazioni fiscali nei dieci anni successivi, mentre un altro beneficio deriverebbe dalla riduzione dei consumi energetici.
Nonostante non ci siano al momento sanzioni specifiche previste, c’è la possibilità che i singoli Governi possano introdurle in futuro. La variabilità dei prezzi dei materiali e dei costi di intervento potrebbe influenzare quanto gli individui finiranno per pagare. Se gli interventi di ristrutturazione energetica diventassero obbligatori, i cittadini dovrebbero inevitabilmente affrontare parte di queste spese.
Un punto cruciale da considerare è che gli immobili che non si adeguaono ai nuovi standard energetici potrebbero vedere una svalutazione del loro valore di mercato in breve tempo. Pertanto, per i proprietari di immobili, potrebbe essere vantaggioso considerare quali interventi intraprendere utilizzando gli incentivi attualmente disponibili, come il Superbonus, il bonus ristrutturazione, e l’Ecobonus 50 e 65%. Questi incentivi rappresentano opportunità per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni e prepararsi alle eventuali obbligazioni imposte dalla futura direttiva.