giovedì - 10 Aprile - 2025

Medici parlano di intolleranza, ma i sintomi peggiorano: la terribile verità viene a galla

Il momento dell’intervento è stato carico di tensione e incertezza. Nessuno, nemmeno i medici, immaginava l’entità della malattia. Quando Emily si è risvegliata, ha subito intuito che qualcosa era cambiato per sempre.

Suo marito le ha confermato l’irreparabile: le avevano rimosso l’utero, le ovaie, le tube di Falloppio, la cervice e persino l’appendice. A soli trentatré anni, Emily ha dovuto dire addio per sempre alla possibilità di diventare madre.

Di fronte a una diagnosi così complessa, la scelta di Emily è stata coraggiosa e non convenzionale: ha rifiutato la chemioterapia, preferendo un monitoraggio attento e costante, deciso insieme ai medici per individuare eventuali recidive in fase precoce. Una decisione difficile, ma presa con lucidità e consapevolezza.

Una voce per le altre donne

Emily ha trasformato la sua esperienza in una missione: insieme al marito ha fondato una organizzazione no-profit che si occupa di sensibilizzazione sul tumore ovarico e sostiene la ricerca scientifica. Il suo obiettivo oggi è quello di aiutare altre donne a riconoscere i sintomi che spesso vengono sottovalutati o confusi con disturbi più comuni.

Tra i segnali più frequenti ci sono il gonfiore addominale, dolori persistenti allo stomaco, sazietà precoce, frequente bisogno di urinare, indigestione, affaticamento, dolori alla schiena e perdita di peso improvvisa. Sono sintomi subdoli, spesso confusi con altri disturbi benigni, eppure rappresentano i segnali più comuni del tumore ovarico.

Emily oggi continua a lottare, non solo per se stessa ma per tutte le donne che, come lei, si sono sentite dire che non c’era nulla di grave. La sua storia è un monito potente: ascoltare il proprio corpo può salvare la vita. Non fermarsi alla prima diagnosi, cercare risposte e pretendere approfondimenti quando qualcosa non va, è un diritto da esercitare sempre, con determinazione.

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