Una scena che ha suscitato indignazione e preoccupazione: 40 migranti, trasferiti da diversi Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) italiani, sono stati scortati fino al centro di Gjader in Albania con le mani ammanettate.
La denuncia arriva dall’europarlamentare Cecilia Strada, che ha assistito al loro arrivo nel porto di Shengjin, dove sono giunti dopo oltre sette ore di navigazione a bordo del pattugliatore Libra della Marina Militare, partito da Brindisi.
«Abbiamo visto chiaramente che avevano le fascette ai polsi. “È per la loro incolumità”, ci hanno spiegato», racconta Strada, riferendo il suo disappunto per il trattamento riservato ai migranti.
L’europarlamentare ha ribadito la sua preoccupazione riguardo l’uso delle manette, definendo l’azione come una misura che ha destato forte allarme tra i presenti, tra cui Francesco Ferri di Action Aid e del Tavolo Asilo e Immigrazione, che ha confermato quanto questa situazione fosse «illegittima». Anche l’avvocato Gennaro Santoro, esperto di migrazioni, ha sottolineato come il trattamento adottato risulti contrario alla legge.
Il viaggio e il trattamento dei migranti
I 40 migranti, provenienti da Tunisia, Marocco, Egitto, Bangladesh e altre nazioni non ancora ufficialmente comunicate, sono stati trasferiti da tutti i Cpr italiani, ad eccezione di quelli di Macomer e Trapani. Il loro trasferimento è stato accompagnato da una serie di procedure che hanno suscitato ulteriori perplessità.
Una delle incongruenze emerse riguarda il fatto che, una volta giunti al porto di Shengjin, i migranti sono stati costretti a salire immediatamente su un pullman, impedendo loro di toccare il suolo albanese. Due ore di identificazione condotte dalla polizia albanese sono seguite dal trasferimento al centro di Gjader, che ospita un settore dedicato ai Cpr.
Questo centro, che per la prima volta entra in funzione, accoglierà i migranti in attesa del provvedimento di espulsione. Tuttavia, i migranti hanno la possibilità di fare una nuova domanda di asilo o di reiterare quella precedente, mentre i loro avvocati stanno preparando i ricorsi contro la convalida del trattenimento.
Le implicazioni legali e umanitarie
La situazione solleva interrogativi sul rispetto dei diritti umani e sulle modalità di trattenimento dei migranti durante il processo di espulsione. L’uso delle manette e le modalità di trasporto sembrano contraddire i principi di dignità e protezione previsti dalle leggi internazionali, alimentando il dibattito sull’adeguatezza delle politiche migratorie e sul trattamento dei migranti nei centri di detenzione.
La denuncia di Cecilia Strada e l’intervento di organizzazioni come Action Aid continuano a mettere in luce le problematiche legate alla gestione dei flussi migratori, suscitando una riflessione sul rispetto delle normative internazionali e sul trattamento umano delle persone vulnerabili in transito.