Il caso di Yara Gambirasio è diventato un punto di riferimento nella cronaca nera italiana, scuotendo l’opinione pubblica per la sua gravità e il forte impatto mediatico. Yara, una giovane ragazza di 13 anni, appassionata di ginnastica ritmica, sparì misteriosamente il 26 novembre 2010, dopo essersi recata al centro sportivo del suo paese. Questo evento segnò l’inizio di una lunga e travagliata indagine.
Il corpo di Yara fu ritrovato solo dopo diversi mesi, il 26 febbraio 2011, in un campo aperto a Chignolo d’Isola, un ritrovamento che scosse profondamente la comunità. L’esame autoptico rivelò dettagli inquietanti: Yara aveva subito violenze estreme, tra cui colpi di spranga, un grave trauma cranico, una profonda ferita al collo e ferite da taglio.
L’indagine sulla sua scomparsa si trasformò rapidamente in una caccia al colpevole. I genitori di Yara, sconvolti, presentarono immediatamente denuncia, e venne aperto un fascicolo per sequestro di persona. Le ricerche furono ampie e meticolose, con l’impiego anche di cani molecolari per seguire ogni possibile traccia.
La svolta nel caso arrivò con la condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti, un muratore di Mapello, all’epoca quarantaquattrenne. Bossetti, sposato e padre di tre figli, e senza precedenti penali, fu accusato e poi ritenuto colpevole di aver abusato e ucciso Yara. Nonostante la condanna, Bossetti è tuttora considerato il principale indiziato nel caso.
Recentemente, si sono sviluppate nuove dinamiche legali. Gli avvocati di Bossetti, Salvagni e Camporini, hanno sollecitato un esame approfondito dei reperti del caso, in particolare quelli legati a Yara, nella speranza di riaprire il processo. L’obiettivo è analizzare le tracce di DNA presenti sugli indumenti di Yara, che potrebbero rivelare informazioni cruciali sull’identità del vero colpevole, mettendo in discussione la colpevolezza di Bossetti.
La famiglia di Bossetti, insieme ad un ampio segmento dell’opinione pubblica, crede fermamente nella sua innocenza e vede la sua condanna come un grave errore giudiziario. Hanno sottolineato l’importanza di analizzare nuovamente i reperti per fare chiarezza sul caso.
La vicenda ha attraversato varie fasi legali, con il tribunale di Bergamo che inizialmente autorizzò la difesa a esaminare i reperti nel 2019, seguito poi da una complicazione burocratica. Successivamente, la Cassazione concesse l’autorizzazione nel 2021, ma una serie di equivoci e interpretazioni legali hanno reso incerto il futuro dell’indagine.
Ad oggi, la situazione legale continua a evolversi, con recenti decisioni che hanno portato il caso davanti alla Suprema Corte. L’udienza prevista per il 20 novembre è attesa con grande interesse, nella speranza di nuovi sviluppi che possano finalmente portare chiarezza in un caso che ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso per anni.