Quando si interagisce sui social, è importante capire quali termini possono essere considerati diffamatori. Gli insulti gravi e le frasi denigratorie possono portare a richieste di risarcimento che variano dai 1.000 ai 50.000 euro, a seconda della gravità dell’offesa e del danno provocato alla vittima.
Tra i termini che rappresentano un rischio elevato ci sono insulti come “co..ione”, “imbecille”, “scemo”, “figlio di…” e altre offese simili. Se usati in un contesto pubblico, soprattutto sotto i post di personaggi pubblici o su piattaforme aperte, questi termini vengono quasi sempre considerati diffamazione e possono essere soggetti a denuncia.
Un caso particolare è rappresentato dalla parola “ignorante”. Se utilizzata per indicare una lacuna o un errore specifico, potrebbe non essere considerata un insulto. Tuttavia, se detta con tono dispregiativo o senza alcuna base concreta, può essere interpretata come offesa. Ad esempio, scrivere “sei ignorante e non capisci nulla” potrebbe facilmente portare a una denuncia per diffamazione.
Anche i commenti sul fisico possono risultare problematici. Frasi che prendono di mira il peso, l’aspetto o il modo di vestire di una persona rientrano spesso nella categoria del body shaming, un’aggravante riconosciuta legalmente. Insultare qualcuno per il suo aspetto può comportare un risarcimento elevato, soprattutto se l’offesa ha avuto un’ampia diffusione sui social.
Ma non solo le parole possono metterti nei guai: anche le emoji possono essere interpretate come atti diffamatori. Ad esempio, le emoji della faccina che vomita o quelle che indicano disprezzo, se accompagnate da un messaggio offensivo, rafforzano il tono diffamatorio e possono essere usate come prova in tribunale. Anche una semplice emoji può quindi trasformarsi in un rischio legale.
Al contrario, esistono frasi che, per quanto moralmente discutibili, non rientrano nel reato di diffamazione. Augurare la morte o una malattia a qualcuno, ad esempio, non è considerato diffamazione dal punto di vista legale, sebbene possa essere oggetto di altre conseguenze disciplinari, come la rimozione del commento da parte della piattaforma.
Per evitare problemi, è sempre meglio adottare un linguaggio rispettoso e ponderato, soprattutto quando si esprimono critiche. Evita insulti diretti, accuse infondate e emoji dispregiative, e ricorda che anche commenti vecchi possono essere puniti, poiché la prescrizione del reato di diffamazione è di cinque anni. Un comportamento responsabile online non solo protegge da conseguenze legali, ma contribuisce anche a mantenere i social un ambiente più positivo e civile.