sabato - 23 Novembre - 2024

Antonella Clerici operata, la dottoressa: “Donne over 50 più a rischio, come prevenire”

Il nostro Sistema Sanitario Nazionale

Il nostro Sistema Sanitario Nazionale versa in condizioni così critiche come spesso si dice?

«La prima cosa da dire è che noi in Italia abbiamo un Sistema Sanitario Nazionale universalistico, tant’è vero che siamo tra i pochi a prendere in carico immigrati in condizioni d’urgenza e curarli in ospedali pubblici. Accogliamo anche persone che vengono da posti come l’Albania, dove la chemioterapia è a pagamento. Basta avere il tesserino STP e si ricevono le stesse identiche cure di un cittadino italiano. Quindi anche se abbiamo poche risorse non diciamo di no a nessuno. Al di là dei diversi governi che si sono susseguiti, è evidente che ci sono delle difficoltà, ma non è tutto nero come spesso viene descritto e anche le istituzioni dovrebbero fare di più per informare meglio i cittadini.

Faccio un paio di esempi. Nel Lazio, esiste il fascicolo sanitario elettronico e il portale smart per le prenotazioni, un servizio che funziona molto bene. Perché, nonostante questo, abbiamo un tasso di adesione agli screening pubblici (pap test, sangue occulto nelle feci) che continua a scendere? Per carità è vero che si può migliorare per quanto riguarda la digitalizzazione e la lotta alla “tossicità burocratica”, ma resta il fatto che ogni semplice cittadino, sul portale della propria regione, può prenotarsi gli screening nel giro di 10-15 giorni. Le persone si lamentano, spesso alimentati da determinati programmi tv, ma poi evitano screening e vaccini.

Un altro esempio riguarda la Calabria. Da quando il prof. Capalbo è direttore del reparto di oncologia dell’università di Cosenza, in 6 mesi ha aumentato del 131% il numero di visite oncologiche e ha portato le liste d’attesa da 40 giorni a 6. Perché di questo non si parla mai? Non lo accetto. Sono tanti i bravi medici a servizio della sanità pubblica. Spesso dal Sud ci si sposta a Roma o al Nord, subito dopo aver ricevuto la diagnosi: cerchiamo di andare in controtendenza, anche nel Meridione ci sono eccellenze mondiali».

Quanto è importante la prevenzione?

«Ci sono degli screening che vanno fatti e che servono a intercettare le patologie più frequenti come il cancro alla mammella nella donna (che nel 2% dei casi colpisce anche l’uomo), il pap test e la vaccinazione Hpv, l’esame del sangue nelle feci per il colon retto. Sono tutti gratuiti e adesso l’Europa ci chiede di allargare ad altri esami come gli screening per il tumore della prostata (test PSA dai 50 anni, 40 se c’è familiarità), tumore dello stomaco e tumore del polmone. Il Regina Elena a Roma fa screening gratuito sui fumatori (programma RISP), ma la gente non aderisce».

Prevenzione dei problemi alle ovaie

Per quanto riguarda i problemi alle ovaie, c’è qualche campanello d’allarme a cui stare attenti? Che tipo di prevenzione si può fare?

«L’ovaio è un organo particolarmente nascosto che difficilmente dà sintomi. Una persona sana non deve fare una visita ogni 3 mesi, quindi c’è tutto il tempo per prenotare. I controlli possono essere prenotati anche un anno per l’altro, la prevenzione si può programmare prima, basta organizzarsi. La visita ginecologica e l’ecografia pelvica transvaginale servono a evidenziare problemi che coinvolgono le ovaie.

C’è chiaramente un’età in cui si è più a rischio: le donne over 50 devono fare controlli regolari. Bisogna pubblicizzare anche il rischio legato a famigliarità: ci sono test che si fanno nelle famiglie con casi di tumori al seno, all’ovaio, al pancreas, allo stomaco e alla prostata, che potrebbero indicare una stessa mutazione. Queste famiglie vengono osservate con programmi pubblici. Le persone devono chiedersi cosa hanno avuto e cosa è successo nelle loro famiglie. C’è ancora un gap culturale che porta la gente a pensare “io a mio figlio non glielo dico che ho avuto tumore”: malissimo, si fa un danno e si toglie la possibilità di comprendere che tipo di prevenzione fare».

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