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Il Tribunale di Assise di Milano ha negato il permesso ad Alessia Pifferi di uscire temporaneamente dal carcere di San Vittore per rendere omaggio alla tomba della sua figlia Diana nel cimitero, la quale è deceduta nel luglio dello scorso anno dopo essere stata lasciata da sola per una settimana nella loro abitazione nel quartiere Ponte Lambro di Milano. Il rifiuto del tribunale è basato sulla giurisprudenza delineata dall’articolo 30 della legge penitenziaria.
Durante l’udienza del 16 maggio, sono stati presi in considerazione i giudizi degli esperti del carcere di San Vittore riguardo allo stato di salute mentale della madre. Tra queste valutazioni figura un rapporto che attesta che la donna ha un “grande ritardo mentale“, equivalente al quoziente intellettivo di “una bambina di 7 anni”. Questo ha portato il suo avvocato, Alessia Pontenani, a protestare: “hanno affidato una bambina a un’altra bambina”.
Il team legale di Pifferi ha richiesto un esame psichiatrico per determinare la sua capacità di comprendere e intendere al momento dell’incidente, mentre i giudici hanno deciso di prendere una decisione dopo il processo. D’altro canto, la Procura ha sempre sostenuto che la donna di 37 anni ha agito “con chiarezza”, presentando al tribunale anche l’audio e il video del primo interrogatorio presso la Questura la sera del 20 luglio, durante il quale appariva come una persona “lucida e capace di descrivere in dettaglio, senza mostrare particolari emozioni, poco dopo la scoperta del corpo di Diana”.